Commento a le “Lettere a un giovane poeta” R.M.Rilke – 4

Primo Piano 4
 

Mese: Maggio
Anno: 2010

Articolo: 3

“Lettere a un giovane poeta”

“Fin dove arriva l’Ironia…”

La seconda epistola 

Affollata, la mente è spesso ostello per pensieri, racchiusi in stanze non sempre sufficientemente confortevoli … è questa, cari amici, una metafora che mi è venuta alla mente dalla lettura di questa seconda lettera di Rainer Maria Rilke, scritta il 5 aprile 1903 da Viareggio presso Pisa. Concluso il commento della prima, fondamentale, epistola a Franz Xaver Kappus, ci tocca ora prendere in esame la restante corrispondenza del poeta praghese – cosa che faremo seguendo l’ordine cronologico delle lettere che ci sono pervenute -.

L’autore questa volta esordisce parlandoci di una certa spossatezza, di un’indisposizione molesta che quasi lo ha trattenuto dallo scrivere. Rilke, senza falsa modestia o eccessi di cortesia, si scusa se le sue parole ci lasceranno a mani vuote e adduce una motivazione che ci fa rimanere interdetti (ma, oserei dire,… piacevolmente):

“ Proprio nelle cose più profonde e importanti siamo indicibilmente soli, e affinché uno possa consigliare e anzi aiutare l’altro deve accadere molto, molto deve riuscire, una intera costellazione di cose si deve realizzare perché si ottenga una volta lo scopo.”

 

Non è una professione di solipsismo, di amore per la solitudine. Come dicevo, il poeta, convinto della propria arte (ma conscio dei propri limiti di uomo), non esagera mettendo in luce le sue difficoltà: bada alla sostanza laddove la sostanza è il dialogo, l’interscambio tra due soggetti con una storia diversa, tra due spiriti che devono confrontarsi – e tutto ciò è notoriamente di difficile realizzazione -.

Questa volta il nostro autore deliberatamente vuole darci due consigli, illuminarci su due tematiche. La prima è l’Ironia.

Da essa, dice Rilke, “non dobbiamo lasciarci dominare, e soprattutto non nei momenti poco creativi.” È opportuno servirsene “come di un mezzo in più per afferrare la vita. Usata con purezza è anch’essa pura, e non ce ne dobbiamo vergognare”.

Molto interessante è, alla luce di tutto ciò, riflettere sugli sviluppi che ha assunto l’ironia nella storia del pensiero mondiale e soprattutto nella letteratura novecentesca (Pirandello ci ha lasciato riflessioni illuminanti connesse all’ironia, all’umorismo, alla comicità… elementi certo diversi, ma che andrebbero visti comparativamente per essere apprezzati di più e capiti nel modo migliore).

“Se la sentite troppo familiare, se ne temete la crescente intimità, volgetevi allora verso oggetti grandi e seri, al cui cospetto essa si fa piccola e inerme. Ricercate il profondo delle cose, dove l’ironia non scende mai; e se così facendo lambirete il margine della grandezza, verificate al contempo se quella concezione scaturisca da una necessità della vostra natura. Poiché sotto l’azione delle cose serie essa o si staccherà da voi, se è casuale, oppure, se veramente è a voi innata, si rinsalderà fino a farsi serio strumento, e rientrerà nell’ordine dei mezzi con cui dovrete formare la vostra arte”.

Ho di proposito scelto ti citare l’intero passo perché ogni volta che lo leggo mi palesa un aspetto nuovo del fare l’arte. Impercettibilmente, anche se a noi tutti può non sembrare, l’artista deve mantenere sempre un dialogo con la propria interiorità, la quale con l’arte stessa si manifesta in modo diretto e pieno.

Il secondo consiglio del poeta riguarda alcune letture che egli propone indirettamente al suo discepolo: la Bibbia, testo irrinunciabile, e J.P.Jacobsen; da quest’ultimo e dallo scultore Auguste Rodin Rilke egli dice di aver appreso ciò che sa in termini di processo creativo.

Piuttosto tuttavia, in chiusura di questo commento, mi piace recuperare il tema dell’ironia e svilupparlo brevemente: quante forme di ironia conosciamo?

Di ironia si è parlato fin dalla notte dei tempi e con significati sempre nuovi: Socrate ne faceva il perno della propria filosofia, lo strumento per costringere la costruzione dialettica dell’avversario a cadere; il teatro ne ha fatto un suo uso sfruttandola con varie gradazioni e varie attribuzioni di senso; la letteratura e la filosofia fino addirittura alla psicologia l’hanno ora descritta ora analizzata fino ad utilizzarla (si pensi a Freud) come meccanismo per violare la censura del tabù.

Rilke sfrutta, a mio avviso, un motivo dal sapore romantico, ma ancora una volta si precipita nello studio dell’anima: al di là di sillogismi e deduzioni, l’ironia è una forma di epifania del proprio sentire, manifestazione di una caratteristica del’interiorità che può divenire allo stesso tempo strumento artistico di primo ordine.

Sotto un diverso profilo invece, mi piace ricordare la celebre affermazione di Victor Hugo sullo stesso tema, caro, come detto, a tanta parte del pensiero mondiale in ogni tempo: “La libertà comincia dall’ironia”.

Mario De Rosa

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